Per una conoscenza sempre più approfondita dell'attualità artistica trovo molto utile fruire dei tanti stimoli che il mondo dell’arte offre.
Recentemente sto seguendo a Torino l’iniziativa “Abitare il minerale” (su fb https://www.facebook.com/AbitareilMinerale/ ) ideata da a.titolo in collaborazione con il Museo d’arte Contemporanea di Rivoli, nata nell’ambito del bando ORA! della Compagnia di San Paolo
Ecco i miei appunti
Qual è la relazione fra l’equilibrio e lo sguardo? È possibile trovare un equilibrio in un campo visivo che non ci appartiene?
Luca De Leva ha affrontato queste domande mettendo in pratica un radicale scambio di vista, iniziato alla fine del 2015 e tuttora in corso. Impiegando dispositivi oculari per la realtà virtuale opportunamente modificati, ha invertito il suo campo visivo con quello della compagna Giacinta Gandolfo durante la loro vita quotidiana. Il vedersi in terza persona,impossessarsi dello sguardo altrui, e le forme di dipendenza e controllo generate da questa esperienza, sollevano interrogativi sui confini della percezione e sull’impatto della tecnologia nelle relazioni umane. Lo scambio di vista attuato nella loro vita privata prende forma in performance pubbliche dove la dimensione di finzione ed evocazione fa emergere nuove riflessioni sul rapporto tra esperienza vissuta ed esperienza raccontata. Al Castello di Rivoli, De Leva presenta un nuovo capitolo delle Cronache da un altro occhio con una inedita performance il cui sound design è composto e missato da Andrea Bonalumi Big Hands.
Ecco i miei appunti
-- 04.02.2017 --
Oggi si conclude il primo ciclo di incontri con la conferenza del filosofo Leonardo Caffo dedicata alla natura come oggetto sociale, seguita dalla performance Cronache da un altro occhio di Luca De Leva.
Qual è la relazione fra l’equilibrio e lo sguardo? È possibile trovare un equilibrio in un campo visivo che non ci appartiene?
Luca De Leva ha affrontato queste domande mettendo in pratica un radicale scambio di vista, iniziato alla fine del 2015 e tuttora in corso. Impiegando dispositivi oculari per la realtà virtuale opportunamente modificati, ha invertito il suo campo visivo con quello della compagna Giacinta Gandolfo durante la loro vita quotidiana. Il vedersi in terza persona,impossessarsi dello sguardo altrui, e le forme di dipendenza e controllo generate da questa esperienza, sollevano interrogativi sui confini della percezione e sull’impatto della tecnologia nelle relazioni umane. Lo scambio di vista attuato nella loro vita privata prende forma in performance pubbliche dove la dimensione di finzione ed evocazione fa emergere nuove riflessioni sul rapporto tra esperienza vissuta ed esperienza raccontata. Al Castello di Rivoli, De Leva presenta un nuovo capitolo delle Cronache da un altro occhio con una inedita performance il cui sound design è composto e missato da Andrea Bonalumi Big Hands.
Conferenza di Leonardo Caffo
Secondo
la riflessione di Leonardo Caffo, “l’ideale della natura come ciò
che è altro dal sociale è un mito filosofico che guida la
contemporaneità almeno dal trascendentalismo a oggi.
La
natura selvaggia come un luogo a cui tornare, piuttosto che ‘il
punto di vista della natura’, come la retorica animante delle
ecologie, degli ambientalismi e naturalismi contemporanei. Ma se la
natura fosse anch’essa un oggetto sociale? Se la natura, dunque,
non fosse naturale?”.
Ripercorrendo
questa storia ontologica della vita e degli oggetti dell’uomo,
Caffo ci conduce nell’attraversamento “di stazioni filosofiche
decisive: la tassonomia, l’antropocene e l’antropocentrismo, fino
ad arrivare a tre capanne emblematiche che hanno tentato di sfuggire
alla gabbia della vita puramente artificiale. Le capanne di Thoreau,
Kaczynski e Le Corbusier: ovvero le capanne della vita di ogni
giorno”.
-- 28.01.2017 --
Oggi ho partecipato all'incontro di Roberto Fassone che ha presentato il suo progetto sibisi (Tutte le info le si possono leggere al sito http://www.sibisibi.com/ e al link http://play.sibisibi.com/ poterci giocare. )
A partire da un’indagine sui processi creativi e sui codici linguistici, culturali e sociali che definiscono l’opera d’arte, la sua produzione e la sua fruizione, tra il 2011 e i 2012 Fassone ha creato sibi, un digital game, un cybertesto e un progetto artistico che funziona come generatore automatico di artefatti creativi in grado di produrre oltre cinquanta miliardi di set di istruzioni.
Nella performance al Castello di Rivoli l’artista affida la sperimentazione di sibi a un gruppo di partecipanti e nel frattempo svolge una lezione sui processi creativi e sulla loro attivazione nelle arti visive, nel design, nella magia, nella psicoterapia, nella letteratura e nella pubblicità. La struttura della performance intende ricalcare metaforicamente le fasi che caratterizzano la nascita di un’idea artistica.
Roberto Fassone (Savigliano, 1986), ha studiato Progetto Grafico e Virtuale al Politecnico di Torino e Progettazione e Produzione delle Arti Visive allo IUAV di Venezia. La sua ricerca, contrassegnata da una forte componente concettuale, si declina in linguaggi che variano dalla performance al video, dal workshop all’archivio, esplorando le potenzialità linguistiche e comunicative dei digital media. Ha esposto e performato in vari contesti tra i quali Fanta Spazio, Milano, e il Mart, Rovereto (2016), Carroll/Fletcher, Londra, e ZHdK, Zurigo (2014). Ha recentemente vinto il secondo premio di AOYS (ArtOnYourScreen) allo ZKM di Karlsruhe e il primo premio del Cross International Performance Award.
-- 20.01.2017 --
Oggi
si è riflettuto sull’evoluzione del dispositivo visivo e documentativo, si è trattato dell' ultimo incontro con Francesco Bernardelli.
Una certa linea della ricerca filmica fra gli anni sessanta e settanta opta per un approccio di lavoro caratterizzato da modalità critiche ed auto-riflessive nel concepire il come fare cinema: tale approccio nel volgere di pochi anni diventa un’autentica esplorazione delle proprietà strutturali e materiali del film, nell’accezione letterale di lavoro con e attraverso la pellicola.
Gli artisti e filmmakers attivi in tale ambito sviluppano così metodi, processi, e perfino un’etica di lavoro fortemente collegata con un’idea di rigenerazione totale della macchina-cinema, ripartendo dai suoi elementi basilari e portata a fondo attraverso tutti gli elementi costitutivi del dispositivo cinema (dai parametri di riferimento, a quelli concernenti la proiezione e il rapporto con il pubblico).
Grazie ad un impegno formale, materiale, e politico operato attraverso precise scelte di linguaggio, furono attuate ricerche dedicate non soltanto alle qualità fisiche del cinema, ma si sviluppò anche il forte desiderio d’arrivare a dare voce ad aspetti dimenticati, poco noti o del tutto ancora ignoti all’esperienza emancipativa delle immagini in movimento, per arrivare ad esprimere anche forme inedite di soggettività ed in qualche maniera corrispondere ad una crescente consapevolezza nei confronti dei molti e pressanti temi di sociali, politici, ambientali – dunque culturali in senso lato. Attraverso l’attenzione affidata e distillata alla singola inquadratura (e all’organizzazione orizzontale delle riprese, shot by shot), il cinema d’artista dagli anni settanta in poi acquisisce un’ulteriore forza nell’economia generale delle scelte visive e compositive. Allo spettatore è così affidato la responsabilità di osservare con attenzione e riconoscere quanto selezionato e costruito, pur in una mise-en-scène essenziale ma sempre pregnante. Le scelte formali e stilistiche si intrecciano ad una precisa attenzione verso una politica dell’osservazione. L’interesse per luoghi e siti specifici, in consonanza con la riflessione di molta scultura (site-specific) dei medesimi anni, si lega ad una lettura del mondo (colto nelle sue più precise caratteristiche) dove proprio l’attenzione alla durata e una rigorosa struttura formale in modo che queste opere (i filmati) ci accompagnino nel leggere e riconoscere la dimensione più propriamente politica di luoghi, contesti e situazioni storicamente determinate.
La preferenza per precise scelte tecniche si lega strettamente a specifiche tipologie visuali. All’osservatore è demandato un ruolo di osservazione strutturata attraverso un senso d’ordine dato dai punti di vista attentamente scelti, pre-ordinati. Essenziale dunque rilevare come un’attenzione al processo, captato e registrato su pellicola – ovvero la presenza fattuale di elementi quali i cambi di luce, certe presenze sonore, il trasformarsi d certi paesaggi e ambienti etc. – arrivino ad offrire l’esperienza di un tempo ed uno spazio in grado di avvicinare lo spettatore in un processo di rappresentazione consapevole, dove ogni elemento è inscritto in un tempo necessario per essere individuato e apprezzato, e poi reinserito in una densa operazione di analisi critica del presente.
Fra
anni sessanta e settanta, si sviluppano modalità critiche e
autoriflessive nel concepire e realizzare il cinema che si traducono
in un'esplorazione sistematica delle proprietà strutturali e
materiali del film, nell'accezione letterale di lavoro con e
attraverso la pellicola. Artisti e film-makers sviluppano metodi e
processi di lavoro animati da un'idea di rigenerazione totale della
macchina-cinema, ripartendo dai suoi elementi costitutivi fino a
quelli concernenti la dimensione della proiezione e il rapporto con
il pubblico. In un preciso e consapevole atto linguistico, si opera
innanzitutto un'attenta scelta del "visibile" (il campo
visivo) -inscritto nello specifico punto di vista, nella scelta
ottica della focale adottata, nonché nell'eventuale presenza o
esclusione del sonoro -rafforzando e dilatando le potenzialità
dell'immagine nel suo insieme. Attraverso l'attenzione alle singole
inquadrature e all'organizzazione orizzontale delle riprese, il
cinema d'artista acquisisce un'ulteriore forza nell'economia generale
delle scelte visive e ideative, mentre le opzioni formali e
stilistiche si intrecciano in una rinnovata tensione verso una
politica dell'osservazione. L:interesse per specifici luoghi e siti,
in consonanza con la riflessione di molta scultura e installazione
dei medesimi anni, si lega a una lettura del mondo connotata
dall'attenzione alla durata e da una rigorosa struttura formale
mirata a riconoscere e rileggere la dimensione più propriamente
sociopolitica di luoghi, contesti e situazioni storicamente
determinate. I processi captati e registrati su pellicola -fin dai
fenomeni più semplici quali un graduale cambio di luce, la pura
presenza sonora, al progressivo trasformarsi materiale di paesaggi e
ambienti -offrono l'esperienza di un tempo e di uno spazio in grado
di avvicinare lo spettatore a un processo di rappresentazione più
consapevole. AI tempo stesso, la sfida di un cinema che -in modalità
inedite, intense e pur disarmanti -presenta uno sguardo analitico sul
mondo, invita gli spettatori ad adottare nuovi e più attenti modi
d'osservazione.
1.
Per un'ecologia dell'immagine
Quidditas
(1973)
Video,
colore, sonoro, 19'
Nato
originariamente come lavoro su tre canali, Quidditas (dal latino
"essenza") è uno studio sulla vegetazione e i paesaggi
costieri di Cape Cod. Sottotitolato Seven Phases in the Natural
Process (Sette fasi nel processo naturale) si compone di sette
sequenze che mostrano la graduale trasformazione degli ambienti dalla
terra fino al mare, passando per stagni, laghi e acquitrini, fino
alle dune antistanti l'oceano. La sottile, quasi impercettibile,
naturalezza con cui ogni ambiente succede al precedente sembra
riecheggiare il tempo e il senso delle trasformazioni geologiche.
SymptomaticSyntax (1981)
Video,
colore, sonoro, 27'
In
un ecosistema naturale ogni forma di vita, dalle foglie, ai fiori, ai
petali, alle farfalle dà origine a una complessa serie di
composizioni in costante trasformazione. Intrecciati a queste forme
organiche, appaiono una serie di testi descrittivi che passano in
rassegna il tempo, la logica organizzatrice e le dicotomie fra stati
fisici e mentali messi in scena.
Conjunction 2012
Veduta dell'installazione costituito da 4 schermi che si fronteggiano ad angolo retto su un loop ripetitivo di circa 15 minuti, con sound.
Veduta dell'installazione costituito da 4 schermi che si fronteggiano ad angolo retto su un loop ripetitivo di circa 15 minuti, con sound.
Landscape(1983)
Video,
colore, sonoro, 5'42"
Returningto Fuji (1984)
Video,
colore, sonoro, 8'2 1"
BlueMountains (1988)
Video,
colore, sonoro, 6' 16"
L'opera
multiforme di Nan Hoover (1931 -2008) si è sempre articolata lungo
le possibili linee e connessioni fra fotografia, cinema, video, la
performance art (declinata in ambito tecnologico) e le installazioni
luminose ambientali. Progressivamente sempre più interessata ai
rapporti fra percezione della luce e del movimento, il suo approccio
di lavoro, attento e rigoroso, ha operato attraverso un utilizzo delle
possibilità espressive insite in un uso minimale, e pur
attentamente calibrato, di scelte che ricercano un'intensa
concentrazione dei mezzi e adottati. Proprio l'elaborazione di un'osservazione
minuta all'interno degli spazi (reali e virtuali) ottenuti tramite
giochi di luce e ombra e nella modulazione di scelte cromatiche, rendono
il suo corpus di lavori un'affascinante esplorazione.
2.
Ottiche fra luce e tempo
Bruce
Baillie
AliMy Life (1966)
Film
l 6mm, colore, sonoro, 2'50"
Concepito
come un'assorta e melanconica apparizione, il cortometraggio si
compone di un'unica ripresa. La cinepresa attua una lenta panoramica
da destra verso sinistra, mostrando una vecchia palizzata in un
ambiente rurale appena suggerito (e mai pienamente descritto) mentre
si ascolta una gracchiante registrazione di un classico di Ella
Fitzgerald (Ali My Life -"Tutta la mia vita") quale traccia
sonora. Il senso di attesa e di incanto suggerito dal testo della
canzone si rispecchia nella particolare atmosfera che culmina
nell'improvvisa conclusione attraverso cui l'inquadratura si
indirizza verso il cielo azzurro nel momento esatto in cui la canzone
termina.
SevenDays (1974)
Film
l 6mm, colore, sonoro, 20'
RiverYar (1971 -72) in collaborazione con William Raban
Film
l 6mm, colore, sonoro, 33' (doppia proiezione)
Il
denso lavoro di Chris Welsby (1948), cineasta e artista
anglo-canadese, ha esplorato per più di trent'anni forme e modalità
attraverso cui realizzare film e installazioni audiovisive basate su
uno studio ravvicinato con le presenze e forze naturali di elementi
quali il vento, le correnti d'acqua, le nuvole, la luce del sole e la
rotazione terrestre, arrivando a concepire una sorta di coautorialità
creativa in costante dialogo con gli ambienti naturali. In molti dei
suoi lavori filmici, le particolari scelte di taglio/angolo di
ripresa, di composizione d'inquadratura e di eventuale movimenti sono
di fatto determinate dal moto del sole, del vento o dalla corrente di
un fiume, in un costante dialogo con una fisicità, e
imprevedibilità, parte integrante del processo creativo. Nel suo
lavoro, le tendenze di certo cinema strutturalista nell'analizzare
specifici aspetti dei fenomeni visivi e cercare di decifrarne le
strutture interne, si rafforzano, chiariscono (e vivificano) nella
creazione di immagini colte in momenti ben precisi. La tipica
tendenza, propria di molto cinema, di lavorare su una certa capacità
illusionistica, viene qui rielaborata attraverso la bellezza e la
sensualità di un ricco immaginario paesaggistico, che serve ad
attirare l'attenzione sulla natura materiale del processo
rappresentativo, alla base di ogni dinamica di
rappresentazione-osservazione. River Yar - il (doppio) film,
realizzato in collaborazione con William Raban - è una raffinata,
quanto suggestiva, operazione di avvicinamento (e inclusione) di
estesi processi atmosferici -legati alla registrazione degli equinozi
d'autunno (schermo sulla sinistra) e di primavera (schermo sulla
destra) -che sono stati registrati lungo più giornate, arrivando a
fissare su pellicola il lento "lavoro" dato dal passaggio
da una stagione a un'altra (dall'estate all'autunno -a settembre -e
dall'inverno alla primavera -a marzo) con la presenza della "durata"
di un giorno e una notte messe a confronto. Il lavoro può essere
visto e contestualizzato in una ricca e complessa tradizione che
trova nell'incontro fra natura, tecnologia e collaboratività
autoriale un mezzo per arrivare a materializzare un'idea rinnovata
di paesaggio sublime (definibile "post-romantico"), al
tempo stesso memore della tradizione sette-ottocentesca, ma
soprattutto rivolta al futuro tramite l'ausilio di moderne tecniche
di rappresentazione del visibile. Seven Days è invece una ancor più
complessa osservazione a partire dal paesaggio del Galles, fissato
nei suoi dati costitutivi più fisici (i campi, i prati, il cielo, la
luce), registrati con una cinepresa fissa al terreno, un frame ogni
dieci secondi, per un'intera settimana, e però al medesimo tempo
equipaggiata in modo da potere ruota re di 180° seguendo il sole
-avanti e indietro -secondo una traiettoria individuata lungo un
preciso asse allineato (a un polo celeste -così come nelle
osservazioni astronomiche). La forma del film risulta direttamente
originata dall'interazione fra il filmmaker, l'equipaggiamento
tecnico, la rotazione terrestre e le condizioni atmosferiche. La
cinepresa, allineata con l'asse solare, compie una panoramica alla
stessa velocità della terra, registrando dall'alba al tramonto. Il
montaggio "interno" (in-camera) è determinato dalla
presenza e consistenza delle nuvole, dall'intensità luminosa solare,
e dunque il risultato finale del film è una diretta conseguenza
della continua interazione fra quegli aspetti più meccanici,
prevedibili, della tecnologia e gli aspetti variabili -molto meno
prevedibili -del mondo naturale. La ritmica operazione mette così
fisicamente in scena il complesso rapporto fra natura e tecnica,
rendendo gli spettatori compartecipi del denso processo messo in
atto.
Peter
Hutton
New
York Portraits (1979-'90) Film 16mm, bln, muto, 43' c.
Landscape(for Manon) (1986-'87)
Film
l 6mm, b/n, muto, 18'
Skagadjordur(2002-'04)
Film,
b/n, muto, 33'
Attraverso
un percorso esemplare, Peter Hutton (24.08.1944 Detroit -25.06.2016)
ha sempre lavorato cercando di captare quegli impercettibili
frammenti di tempo e di luoghi in modo da potere offrire uno sguardo
sul mondo contemplativo e pur intenso. Questa specifica attenzione
nel costruire le immagini e il ritmo dei suoi film fa sì che ogni
ripresa arrivi a rappresentare situazioni attentamente scelte e
calibrate. Il punto di vista adottato nei suoi film rivela l'autore
quale testimone privilegiato, ma al contempo prossimo all'esperienza
che anche lo spettatore può avere. La cinepresa -intenta a
registrare il paesaggio prescelto -è sempre posta a una specifica
distanza che risulta essere quale separazione tangibile (essenziale
al processo di esperienza dei suoi film), una distanza chenel
distinguere il filmmaker dalla realtà che egli sta filmando -aiuta a
porre in giusta prospettiva le condizioni del profilmico (il
visibile). In evidente opposizione a un'idea di realtà manipolata,
l'operazione sviluppata opta per una paziente osservazione che è
sguardo simpatetico e meditativo. Mentre il primo ciclo di film
descrive la particolare atmosfera urbana di una metropoli come New
York, colta in inediti e atipici punti di vista, dove le variazioni
atmosferiche sembrano incidere sulla vita stessa della città, nel
caso del secondo lavoro osserviamo una parte di un più esteso ciclo
di studi sui paesaggi e sulle condizioni atmosferiche colte lungo gli
scenari paesaggistici della valle del fiume Hudson. Con il terzo film
siamo, infine, di fronte a una sorta di maestosa sinfonia visiva che
descrive declivi, coste, orizzonti, mare e cieli facenti tutti parte
del vasto paesaggio dell'Irlanda del Nord, in un sapiente alternare
di visioni terrene, marittime e aeree, intervallate da momenti di
nero assoluto, vere e proprie pause riflessive che offrono uno spazio
per meglio gustare l'eccezionale lavoro.
James
Benning
Castinga glance (2007)
Film
16mm, colore, sonoro, 77'
RR Documentary Trains (2007) 1h54'
L'omaggio di un artista a un altro (ormai scomparso): il film è costruito a partire dalle riprese effettuate per più di trent'anni da James Benning che è (più o meno) regolarmente andato sulle rive del Salt Lake, a Rozel Point, Utah, per riprendere SpiraI Jetty di Robert Smithson. ll film mostra e registra la complessa ecologia in trasformazione della costa a nord del Great Salt Lake, attraverso varie fasi, soprattutto individuando nel celeberrimo (ma poco mostrato come veramente è..)earlhwork una sorta di "barometro per una varietà di cicli" (ambientali, storici, naturali, culturali). Benning è riuscito così a realizzare un'opera che, al medesimo tempo, paga un tributo e rivolge un'attenzione più profonda a SpiraI Jetty lungo un ampio arco temporale, ricollocandola in una prospettiva di largo respiro.
L'omaggio di un artista a un altro (ormai scomparso): il film è costruito a partire dalle riprese effettuate per più di trent'anni da James Benning che è (più o meno) regolarmente andato sulle rive del Salt Lake, a Rozel Point, Utah, per riprendere SpiraI Jetty di Robert Smithson. ll film mostra e registra la complessa ecologia in trasformazione della costa a nord del Great Salt Lake, attraverso varie fasi, soprattutto individuando nel celeberrimo (ma poco mostrato come veramente è..)earlhwork una sorta di "barometro per una varietà di cicli" (ambientali, storici, naturali, culturali). Benning è riuscito così a realizzare un'opera che, al medesimo tempo, paga un tributo e rivolge un'attenzione più profonda a SpiraI Jetty lungo un ampio arco temporale, ricollocandola in una prospettiva di largo respiro.
Dominique
Gonzalez-Foerster
HongKong (2000)
Film
16mm, colore, sonoro, 4'38"
Brasilia
(1998)
DV,
colore, sonoro, 2'50"
Rio
de Janeiro (2000)
Film
16mm, colore, sonoro, 5'45"
WhiteSands (2003)
Film
16mm, b/n, sonoro, 3'30"
La
stratificata produzione di Dominique Gonzalez-Foerster (1965) ha
spesso trovato la sua maggiore ispirazione nelle risonanze e
influenze prodotte dal mondo del cinema. A partire dalla metà degli
anni novanta, infatti, si è dedicata a una vasta produzione di film
e di video che poi sono spesso ricontestualizzati in nuove forme di
installazione ambientale. Molte sue opere si sono ispirate a
frammenti di film, libri e momenti nella storia dell'arte che hanno
così prodotto opere che sono al contempo riflessioni critiche, dove
sono riassemblati nuovi elementi, allusioni e citazioni con una
rinnovata sensibilità. I lavori qui scelti sono nati in un doppio
dialogo con lavori filmici maggiori (dell'artista) e con rimembranze
di specifici passaggi/momenti tratti da alcuni capisaldi del moderno
cinema d'autore, che l'artista francese ama particolarmente.
Antarctica
(2005)
Video,
colore, sonoro, 2'36"
Oggi l'appuntamento si intitolava "Visione & documentazione" nuova di lezioni di Francesco Bernardelli che ha trattato della svolta del performativo: scienza, tecnologia e rappresentazione del soggetto
Il ciclo di lezioni analizza, attraverso una selezione di video provenienti dalla Collezione del Castello di Rivoli, come nelle arti visive le immagini in movimento abbiano operato in profondità nella ridefinizione delle categorie dell’osservazione e della costruzione del reale, in rapporto ad una nozione sempre più espansa di documentazione e al mutare dei rapporti tra temporalità dell’opera e tempo di fruizione.
Dai primi anni sessanta in avanti, l’entusiasmo verso la presenza sempre più articolata di nuove tecnologie (dallo sviluppo della TV alla scienza dei computer e dell’informatica, fino alle parallele concezioni di una società modellata sullo scambio e circolazione dell’informazione, per non dire delle nuove scienze cibernetiche, dell’intelligenza artificiale e dell’ecologia) si unisce alla forte crescita economica e sembra così orientare la società verso trasformazioni e cambiamenti radicali. L’influenza delle teorie di figure come Norbert Wiener, Marshhall McLuhan, Buckminster Fuller, Gregory Bateson, Humberto Maturana, Francisco Varela mostra come dall’intersezione fra teoria dell’informazione e teoria dei sistemi con modelli biologici potessero svilupparsi nuove e grandi potenzialità di riflessione, di ricerca (ed anche comunicative) attraverso e oltre il potenziale umano. In tal senso la disponibilità crescente di strumenti sempre flessibili e differenziati – dalla televisione e la radio, attraverso le tecniche di registrazioni visive ed audio, nonché all’applicazione dell’elettronica su moltissimi strumenti (sia di lavoro che di divertimento) – apre la strada ad un ottimismo tecnologico emergente ed evidente in molti campi, in primis quello delle tecniche di rappresentazione audiovisive.
Il momento storico rappresentato dall’incrocio di forme di sperimentazione sia su dimensione privata che collettiva porta ad immaginare anche una società in radicale trasformazione. Non semplicemente la presenza della nuova tecnologia video portatile (il celebre Portapak), ma l’insieme di concezioni che vedono nella cultura un terreno essenzialmente politico di scelte e azioni, porta gli artisti e i videomaker a sviluppare ben presto iniziative che potessero ripensare l’arte e le strutture comunicative sia su scala locale che globale, contribuendo a creare e rafforzare le proprie rispettive comunità d’appartenenza (cinema/teatro/danza/arti visive/attivismo/azione controinformativa, etc..)
Attraverso nuove possibilità di produzione, circolazione e fruizione questi produttori indipendenti di senso (e nuove visioni) tendono ad agire per ristabilire forme di contatto più dirette, rivolte a un pubblico più vasto – oltre la tipica scena artistica – optando per una coscienza più allargata, “espansa”, con un occhio critico verso ogni forma di autorità istituzionalizzata, e anzi tentando molte e diverse strade, spesso più informali e/o utopiche, utilizzando le crescenti possibilità date da un nuovo linguaggio delle immagini elettroniche.
Il Video performante
E’ interessante notare come sia il video che la performance abbiano lavorato attorno ad una continua messa in questione delle forme e funzioni dell’arte proprio a partire da un momento storico in cui il valore dell’esperienza estetica – per così dire “trascendente” – era già stata completamente messa in discussione dagli artisti.
Così come la Performance art individuava il gesto estetico nella corporeità dell’artista, nella sua nudità (letterale o simbolica), nello sviluppo del momento attuale, anche il video poteva fungere come “prolungamento” (ancorché strumento di registrazione per documentare una precisa ricerca e/o situazione). Dopo la prima stagione del Video d’artista, l’attenzione si sposta però sulle caratteristiche linguistiche del mezzo prescelto, articolando ben presto tutta una vasta e varia esplorazione delle potenzialità tecniche, rappresentative ed espressive del mezzo elettronico, a partire dalle sue principali caratteristiche e peculiarità (utilizzo di alcuni “incidenti” tecnologici come le forme di autogenerazione e moltiplicazione dell’immagine – il Feedback e il loop – Chromakey – sovrimpressione – mixing – etc.) che porteranno molti artisti a inaugurare veri e propri percorsi sperimentali per tutti gli anni settanta e primi ottanta.
1. La contestazione del modello filmico/comunicativo
Nam June Paik. Dick Higgins, Chieko Shioml, George Brecht, Robert Watts, Yoko Ono, PieterVanderbeck. Joe Jones, Erik Andersen, George Maciunas, Jeff Perkins, Wolf Vostell, Albert Fine, George landow, Paul Sharits, John Cale, Peter Kennedy, Mike Parr, Ben Vautier Aa.Vv. (1%2-1970), b/n -colore, muto/sonoro, compilazione di 120' (c.l. estratti
Flu:xfifm è al medesimo tempo un documento storico e un'antologia programmatica che raccoglie ben 37 cortometraggi -raccolti e compilati da George Maciunas (1931-1978) -costruiti secondo le più varie modalità e che hanno durate da un minimo di 10/20 secondi (ad es. il n. 7 -, O Feet di George Maciunas -oppure il n. 2 -Invocation of CBnyons end Boulders di Dick Higgins) fino agli 1 1 minuti (il n. 4 -Disappearing Music for Fece di Chieko Shiomi).la maggior parte di questi filmati furono concepiti come proiezioni continue (in leop), spesso mostrati durante eventi ed happening organizzati dagli artisti stessi coinvolti, e, seppur molto diversi fra loro, sono accumunati dal ben noto e irriverente humour tipico del gruppo di FluxU5. carattere spiccato ed evidente è una condivisa ricerca mirata a ribaltare e sovvertire le convenzioni dell'apparato filmico e comunicativo.
William S. Burroughs
Towers Open Fire (1963) Video, bln, 9'29w Fotografia: Antony Balch, Script: William S. Burroughs, Cast: William S. Burroughs, David lacobs, Bachoo Sen, Alexander Trocchi
The Cut Ups (1%6) Video, bln, 18'45W
Fotografia: Antony Balch, Sceneggiatura: William S. Burroughs, Cast: William S. Burroughs, Brion Gysin I cortometraggi ideati e realiuati da Willlam S. Burroughs {1914-1997}, in collaborazione con il regista e distributore indipendente inglese Antony Balch, rappresentano un caso piuttosto raro di sperimentazione congiunta fra le tecniche letterarie d'avanguardia perfezionate in quegli anni da Burroughs (e Brion Gysln) e Il nuovo cinema sperimentale che andava diffondendosi proprio nei primi anni sessanta. la prima collaborazione, del 1963, ottenne un certo effetto (owiamente negli àmbiti dediU alla presentazione di nuove forme di ricerca artistica interdisciptinare) offrendo una successiva opportunità ai due per continuare a collaborare e realiuare un successivo film. In Towers Open Fire, la struttura presenta un montaggio della routine quotidiana di Burroughs in giro per la città, sincroniuato, insieme con registrazioni sonore fissate con un registratore a nastro, in un interessante tentativo di ricreare effetti di cut-up anche a livello visivo, alternando Immagini dello scrittore con esterni e scene Ispirate all1dea di una ·società in disfacimento": Ma fu con la seconda collaborazione che i due riuscirono a ottenere risultati più spiccatamente sperimentali; il lavoro infatti -costruito in quattro parti di eguale durata -provava a ottenere effetti ancor più simili alle tecniche di cut-up di Burroughs, riuscendo a suscitare una sorta di crescente disorientamento della percezione. Soprattutto grazie all~nterazione fra il visivo e la traccia audio, realiuata da Burroughs, Gysin e lan Somerville, una incessante permutazione di solo quattro frasi (wYes, Hello?~ -look at that picture:·Does it seem to be persisting?: "Good. Thank you"l arriva a creare un crescente stato di percezione allucinata.
Nam lune Paik, In collaborazione con David Atwood, Fred Barzyk, Olivia Tappan (presso gli studi WGBH in Boston) -(1 969) Video, colore, sonoro, SO' Realluato da Nam lune Paik (1932 -2006) mentre era artista ospite "in residenza· presso il canale televisivo WGBH di Boston, questo lavoro è stato trasmesso integralmente solo in anni recenti. Il titolo si riferisce precisamente alla data di trasmissione: il 23 settembre 1969. In questo visionario collage (tele)visivo sono mescolate sperimentazioni spontanee, manipolazioni elettroniche di materiali televisivi preesistenti e astrazioni pure, con immagini registrate dal vivo negli studi della TV, in una multiforme quanto magmatica sinfonia visiva e sonora in costante trasformazione.
lynda Benglls. Now! (1973) Video, colore, sonoro, IO'
Nel suo primo video a colori, Benglis sperimenta le potenzialità dei colori non in senso naturalistico, aumentandone la saturazione fino a raggiungere una notevole artificialità e contrastando cosll1dea comune del video quale meuo imparziale. Per tutta la durata del lavoro, Benglis domanda ·Ora7" e "Vorresti dirigermi?~ ripetendo istruzioni come "Accendi la videocamera" e "Ho detto: comincia a registrare: Esegue intanto smorfie e versi in reazione ad altre sue immagini su un monitor.
Dan Graham
Present Continuous Past (1974) Video, bl n, sonoro
PerlormerlAudienceiMirror (1975) Video, bln, sonoro
In tempo reale, l'artista descrive al pubblico i propri gesti e poi descrive il pubblico stesso. Successivamente, si pone di fronte a un muro specchiante e ricomincia le due descrizioni guardando la realtà riflessa.
Bill Viola
Four Songs (1976)
Comprende: Junkyard Levitation (1976) Video, colore, sonoro, 3'11 ·
In una discarica di rifiuti metallici ai limiti di una ferrovia, un uomo compie un esercizio di levitazione.
Songs of Innocence (1976) Video, colore, sonoro, 9'34·
In un giornata di sole, un coro di bambini interpreta una canzone e una volta terminata la propria performance lascia il campo definito dalla macchina da presa. la telecamera resta fissa a registrare l'avvicendarsi delle ore, dal tramonto fino all'oscurità della notte, descrivendo innarrestabile scorrere del tempo, la persistenza della memoria e 17nevitabilità della morte.
The Space Between the Teeth (1976) Video, colore, sonoro, 9'10·
Seduto alla fine di un lungo corridoio, un uomo emette un grido liberatorio a intervalli regolari. Il movimento della telecamera descrive la stretta relazione fisica ed emotiva tra lo spazio architettonico e il suono che periodicamente lo invade. Il video è stato realizzato con le più avanzate tecniche di editing disponibili al momento della produzione.
Film 16mm trasferito su digitale, bln, sonoro, 18'3S"
Girato con un ampio insieme di amici artisti collaboratori, il film mostra una serie di articolate coreografie intrecciate nel tessuto urbano rappresentato come un teatro dello spazio, dei movimenti e del suono, utilizzando quali veri protagonisti i vasti scenari urbanI e suburbani di una New York quasI irriconoscibile.
Rebecca Horn,
Berlin (lO Nov. 1974 -28Jan. 1975) -Obungen in neun Stiicken: Unter dem Wssser schlafen und Dinge sehen, die sich in weiter Ferne abspiefen {I 974fiS) Dokumentation van acht Performances mit einem Epilog (documentazione di 8 performances e un epilogo) Mi! beiden Hiinden gleichzeitig die Wande beruhren Blinzeln Federn tanzen suf den Schultern Die untreuen Beine festhaften Zwei Fischchen. die sich an einen Tsnz erinnern Riiume beriihren sich in zwei Spiegefn Zwischen den feuchten Zungenblattern die Haut abstreifen Mit zwei Scheren gleichzeitig die Hssre schneiden Wenn die Frau und ihr Geliebter avf der Seite fiegen, sich ansehn, und sie mit ihren Beinen die Beine des Mannes umschlingt -bei weit geaffnetem Fenster -ist es die Oase con Rebec.ca Horn, Guido Kerst, lisa liceini, Ono Sander, Veruschka von lehndorff, Michel Wurthle -Musik: Hayden Chisholm - Realisalion: Helmut Wietz Film 16 mm, (olore, sonoro, 42'
Valie Export
Clipslestratti da: Adjungierle Dislokafionen (Conjoined Dis/ocations) (1973) Film S-8e 16mm, bln, 8'
In questo importante lavoro la percezione della continuità spaziale e temporale è trasmessa tramite le riprese ottenute da due cineprese Super-8 film poste sul petto e sulla schiena dell'artista. Una terza cinepresa -in 16mm -documenta tutta una serie di situazioni spaziali parallele (e diametricalmente opposte), da una stanza a un corridoio, attraverso strade, piazze fino agli spazi aperti di esterni in piena campagna. le tre prospettive sono poi proiettate in parallelo in maniera da testimoniare in sincrono il processo tecnico di registrazione insieme alla rappresentazione filmica degli ambienti circostanti.
Peter Campus
Three Transitions (1973) Video, colore, sonoro, 4'53*
Fra i più celebrati lavori d'inizio anni settanta, Three Transitions mostra l'artista agire anche da interprete eseguendo gesti e azioni che sono poi rielaborati elettronicamente. Attraverso un nuovo uso consapevole delle caratteristiche tecniche ed espressive del meuo elettronico, Campus Sviluppa le possibilità del video attraverso effetti quali il chroma key (le potenlialita legale ai colori impiegati), il video feedback e l'effetto larsen (la simultaneità di immagini infinitamente uguali a se stesse). Nella prima "transizione" Campus registra con due videocamere simultaneamente, da entrambi i lati, una superficie bidimensionale gialla: sembra che egli attraversi se stesso. Nella seconda sezione, sfrutta l'effetto del chroma key per arrivare a un inedito risultato anche sul piano metaforico. Con una mano cancella il proprio volto, e, nel sopprimerne i tratti, riemerge un'altra immagine. Nel finale, egli compare bruciando l'immagine del viso, come se fosse una fotografia, ottenendo quale risultato il nero completo.
Six Fragments (1976) Video, colore, sonoro, 5'07"
Come in una messa in scena onirica e teatrale, Campus riunisce alcuni performer attraverso un testo. Due linee danno forma alla struttura della narrazione, basata sulla trascrizione di un sogno attraverso sei immagini evocative.
Il Video performante
E' interessante notare come sia il video che la performance abbiano lavorato attorno a una continua messa in questione delle forme e funzioni dell'arte proprio a partire da un momento storico in cui il valore dell'esperienza estetica -per cosi dire "trascendente" -era già stata completamente messa in discussione dagli artisti. Cosi come la performance art individuava il gesto estetico nella corporeità dell'artista, nella sua nudità (letterale o simbolica), nello sviluppo del momento attuale, anche li video poteva fungere da "prolungamento" (ancorché strumento di registrazione per documentare una precisa ricerca e/o situazione). Dopo la prima stagione del video d'artista (quasi allo stesso tempo in realtà), l'attenzione si sposta sulle caratteristiche linguistiche del mezzo prescelto, articolando ben presto una vasta e varia esplorazione delle potenzialità tecniche, rappresentative ed espressive del mezzo elettronico, a partire dalle sue principali caratteristiche e peculiarità (utilizzo di alcuni "incidenti" tecnologici come le forme di autogenerazione e moltiplicazione delllmmagine -Il Feedback e il loop . Chromakey . sovrimpressione -mixing -etc.) che porteranno molti artisti a inaugurare veri e propri percorsi sperimentali per tutti gli anni settanta e primi ottanta.
Rlchard Serra -Railroad Turnbridge (1976) Film 16mm, bl n, 16'23"
Nel film di Richard Serra la cinepresa è stata disposta al capo di un ponte di ferro girevole, perfettamente allineata e centrata in modo da offrire allo spettatore la vista panoramica al fondo del ponte stesso che funge cosi da inquadratura materiale del paesaggio che compare in lontananza; paesaggio che sembra muoversi continuamente attorno a noi, In quanto è Invece il ponte su cui noi stessi P09giamo lo sguardo (insieme con la cinepresa) a ruota re. Questa opera di asciutta ed essenziale fattura prova a rappresentare quanto Rosalind Krauss ha definito ·una relazione, una forma di transitività ... La realtà fisica del ponte girevole è cosi Il supporto di questa esperienza, e non il suo soggetto." (R. Krauss, Richard Serra, a Translation)
Frank Glllette - Ouidditas (1973) Video, colore, sonoro, 19'
Nato originariamente come lavoro su tre canali, Quidditas (dal latino ·essenzai è uno studio sulla vegetazione e i paesaggi costieri di Cape Cod. Sottotitolato Seven Phases in the Natural Process (Sette fasi nel processo naturale) si compone di sette sequenze che mostrano la graduale trasformazione degli ambienti dalla terra fino al mare, passando per stagni, laghi e acquitrini, fino alle dune antistanti l'oceano. La sottile, quasi impercettibile, naturalezza con cui O9ni ambiente succede al precedente sembra riecheggiare il tempo e il senso delle trasformazioni geologiche.
Symptomatic Syntax (1981) Video, colore, sonoro, 27'
In un ecosistema naturale, ogni forma di vita, dalle foglie, ai fiori, ai petali, alle farfalle dà origine a una complessa serie di composizioni In costante trasformazione. Intrecciati a queste forme organiche, appaiono una serie di testi descrittivi che passano in rassegna il tempo, la 100ica organizzatrice e le dicotomie fra stati fisici e mentali messi in scena.
BiII
Viola
Reasons
far Knocking an Empty House (1983) Video, bln, sonoro, 19'
Grazie
a un uso attentamente studiato, la videocamera, posta in posizione
fissa, registra lo scorrere del tempo e i comportamenti dell'artista
che per tre giorni consecutivi si è volontariamente confinato dentro
un appartamento.
Gary
Hill
Around& About (1980) Video, colore, sonoro, S'
"Sarebbe
potuta andare in un altro modo ... ". Attraverso una serrata
presentazione di possibilità e condizioni ipotetiche recitate da una
voce fuori campo, questo lavoro presenta una serie di dettagli di
oggetti, offrendo al contempo una serie di considerazioni sulle
modalità di contestualizzazione dei rapporti comunicativi fra
oggetto (rappresentato) e soggetto
(rappresentante).
Processual
Video (1980) Video, bln, sonoro, 11 '13"
Il
lavoro si struttura attorno al rapporto che si crea continuamente fra
un'immagine elettronica astratta assolutamente mlnimale (una linea
bianca che si muove su uno sfondo nero) e un testo di natura
narrativa, che parla di movimento e percezione delle forme, con il
suggestivo risultato di risonanze e corrispondenze continue fra
parole e visioni grazie a un progressivo effetto di feedback
comunicativo.
Lendscspe
(1983) Video, colore, sonoro
BlueMountains (1988) Video, colore, sonoro
L'opera
multiforme di Nan Hoover (1931 -2(08) si è sempre articolata lungo
le possibili linee e connessioni fra fotografia, cinema, video, la
performance art (declinata in ambito tecnologco) e le installazioni
luminose ambientali. Progressivamente sempre più interessata ai
rapporti fra percezione della luce e del movimento, il suo approccio
di lavoro attento e rigoroso ha operato attraverso un utilizzo delle
possibilità espressive insite in un uso minimale e pur attentamente
calibrato di scelte che ricercano un'intensa concentrazione dei mezzi
adottati. Proprio l'elaborazione di un'osservazione minuta all'interno
degli spazi (reali e virtuali) ottenuti tramite giochi di luce e
ombra e nella modulazione di scelte cromatiche, rendono il suo corpus
di lavori un'affascinante esplorazione fra le soglie della
percezione.
Shigeko
Kubola
RockVideo Cherry Slassom (1986) Video, colore, sonoro, 12'
In
un'intensa e lirica fusione di natura e tecnologia, Kubota descrive e
rielabora immagini di rami e fiori di ciliegio rosa, contrapposti
ti un cielo vividamente blu, riuscendo a realizzare l'equivalente di
un Haiku visivo. Attraverso un uso sofisticato, sottile
e fluido di elaborazioni elettroniche, Kubota Sovrappone,
digitalizza, rallenta, ricolora e arriva a astrarre le immagini dei fiori
di ciliegio, realizzando una trasmutazione poetica di spazio e
immagine.
Robelt
Cahen
Septvisions fugitives (1995) Video, b/n -colore, sonoro, 31 '43"
Acoustic
Design: Michel Chion, Editing/effetti video: Bernard Bats, Patrick
Zanali
Da
una serle di riprese, quasi appunti colti per la strada (ciclisti,
portatori di acqua, studenti e mendicanti), l'artista opera una
trasformazione in cui il tempo viene allungato, trasformato
attraverso le apparenze di quanto registrato e poi ricreato in veri e
propri paesaggi dove il movimento rallentato diventata assorta
meditazione suIl1nvisibile."1?: grazie all'idea di passaggio
che, per me, qualcosa di essenziale prende forma, ed il risultato
sono sette brevi poemi, frammenti di visioni della Cina appena
afferrate,
viste o sentite, ma sempre in movimento,M (RC.)
Visione & Documentazione: un ciclo di tre lezioni a cura di Francesco Bernardelli
Oggi si è svolto il secondo incontro che da avvio alla prima parte del programma, INCONTRI #1, nella Sala Polivalente del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea un ciclo di lezioni a cura di Francesco Bernardelli, che analizza come, nelle arti visive, le immagini in movimento abbiano operato in profondità nella ridefinizione delle categorie dell’osservazione e della costruzione del reale. Le lezioni percorrono una traiettoria nella storia del cinema e del video d’artista fino alle più recenti produzioni audiovisive, in rapporto alla nozione sempre più espansa di documentazione e al mutare dei rapporti tra temporalità dell’opera e tempo di fruizione, tra spazi della visione e i luoghi dell’esperienza audiovisiva.
Primo appuntamento: La stagione del cinema d’artista: documentazione e reinvenzione
La storia della performance dal vivo va di pari passo con la storia delle tecnologie di registrazione. Dagli anni sessanta, l’utilizzo della videocamera consente agli artisti la creazione di autonomi e personali percorsi espressivi e la possibilità di accedere a nuovi canali di comunicazione, oltre il modello televisivo. In pochi anni sempre più artisti optano per nuove possibilità filmiche e video: chi per estendere la propria ricerca, chi per contrastare una certa “ufficialità”, chi per ricreare dimensioni immaginarie, quando non oniriche, attraverso cui esplorare desideri e ossessioni oltre i limiti del quotidiano. La lezione affronta esperienze tra l’Happening e la New Dance, di autori e autrici quali Claes Oldenburg, Yoko Ono, Elaine Summers, Yvonne Rainer, Yayoi Kusama, Kurt Kren, Ed Emshwiller, Stan Vanderbeek, Merce Cunningham, Charles Atlas, Bruce Nauman, Babette Mangolte.
VISIONE & DOCUMENTAZIONE a cura di Francesco Bernardelli
16.12.201 6 -20.01.2017
Il corso ha lo scopo di presentare un'analisi delle immagini in movimento, attraverso le principali questioni di ordine progettuale, linguistico e comunicativo. Verrà osservato come il mezzo filmico -nella sua prima incarnazione cinematografica, poi nel video, e infine nella fusione complementare dei due mezzi -abbia operato un excursus nella ridefinizione delle categorie dell'osservazione e della costruzione del reale. A partire dalle rapide e radicali trasformazioni nella natura del dispositivo cinema -l'abbandono quasi completo della pellicola cinematografica, la trasformazione delle abitudini di visione e la crescente disponibilità di materiali rari,ora visionabili e replicabili grazie al digitale -le immagini in movimento si trovano oggi a condividere nuovi spazi e contesti così come forme differenti di temporalità. Due sono le forze polarizzanti che ne ridefiniscono la percezione: lo spazio dell'esposizione, con le sue caratteristiche e un potente grado di immersività; l'onnipresenza del computer e dei programmi digitali di montaggio e postproduzione che intervengono in larga parte della progettazione e realizzazione di opere.
Terreno ideale scelto dal corso per seguire ed analizzare significative esperienze, testimoni della capacità di reinvenzione della macchina rappresentativa (in particolare le tecnologie del visibile), è la traiettoria storica ricostruita attraverso quattro punti di snodo rilevabili nel più vasto panorama della storia del cinema d'artista e delle più recenti produzioni audiovisive in relazione all'idea di documentazione. In ultima analisi si mostrerà come le principali differenze non sembrano risiedere fra l'apparente cesura data dal passaggio dei formati (dal 16 e 35mm al video e poi al digitale), quanto nel mutare dei rapporti instaurati fra temporalità dell'opera ed il tempo di fruizione, fra gli spazi della visione e i siti dell'esperienza audiovisiva.
I. La stagione del cinema d'artista: documentazione e reinvenzione
Alla storia della performance dal vivo si è reso gradualmente necessario ricostruire una parallela storia delle tecnologie di registrazione. Se inizialmente l'equipaggiamento per realizzare un film era costituito da una serie di pesanti e complicati macchinari, dopo la Seconda Guerra Mondiale cominciarono a diffondersi formati filmici che avvicinarono gradualmente il cinema ha ad una dimensione più maneggevole e intima.
Solo con il sopraggiungere della tecnologia video, fra gli anni sessanta e i settanta, molti aspetti iniziarono gradualmente a cambiare. L:utilizzo della videocamera -in parallelo all'idea della creazione di autor:omi e più personali percorsi espressivi -apriva la strada alla possibilità di corrispondere ai principali e predominanti canali di comunicaziolìe (attraverso il modello rnassmediale delia Televisione). In pochi anni sempre più artisti optarono per le possibilità offerte dalla tecnologie filmiche e video: chi per estendere la propria pratica di ricerca con le forme ed il linguaggio audio/visivo, chi per contrastare una certa "ufficialità" e adoperarne modalità espressive o immagini in senso contrario, con il fine di sovvertirla e ribaltarla. Altri infine utilizzarono e reinventarono le possibilità dell'occhio filmico per ricreare mondi fantastici attraverso cui potessero esplorare desideri e ossessioni oltre i limiti del quotidiano.
Filmare l'Happening:
Fortemente collegati alle sue sculture, gli happenings ed azioni messe in scena dall'artista si avvalevano di un cast di collaboratori volontari non professionisti impegnati in gesti, azioni, musica, suoni e rumori (e non parole) vicini a situazioni da vita quotidiana ma con una particolare enfasi su relazioni e reazioni visive e spaziali dettate dagli ambienti costruiti.
Peter Moore, Stockhausen's Originale: Doubletakes (1964-94),30:05 min, b/n, sonoro
Dopo alcune esecuzioni in Europa, la prima presentazione della nuova composizione (a metà fra teatro musicale d'avanguardia e Happening) del celebre compositore tedesco a New York, era stata programmata presso la Judson Hall quale parte della seconda edizione dell'annuale New York Festival of the Avant-Garde, coinvolgendo un ricco gruppo di musicisti/compositori/performer fra i quali James Tenney, Max Neuhaus, David Behrman, Nam June Paik, Charlotte Moorman, Alvin Lucier, Allen Ginsberg, Allan Kaprow. La composizione di Stockhausen rappresenta un unicum, in quanto raduna un assortimento davvero inusuale di performer -veri "personaggi" -che affiancano i musicisti (un pianista, un
percussionista, un tecnico del suono e un conduttore musicale). e cioè un direttore di scena, un cameraman, un tecnico delle luci, un artista/pittore "gestuale': un poeta, un cantante di strada, un guardarobiere, un venditore di giornali, una modella di moda, un bambino (intento a giocare), un istruttore di animali (con un animale), e cinque attori intenti a leggere un collage di testi -tutti impegnati a tessere la propria parte entro una più articolata partitura.
Yoko Ono, Cut Piece, (1965/66), 8 min, b/n, sonoro
Filmato a Carnegie Recital Hall, New York City, March 21, 1965 da Albert Maysles, David Maysles, 1966 Celebre azione (ripetuta nel corso degli anni in alcuni contesti fra loro anche diversi), Cut Piece è stato un momento di completo capovolgimento di prassi e attitudini di lavoro. Atto performativo di grande intensità, è anche una sorta di inno all'autenticità, che allo stesso tempo è il risultato di un percorso intimo e spirituale -un'offerta, quasi sacrificale, del corpo della performer (l'artista stessa -Yoko Ono) destinato al pubblico che si trova a dover scegliere e delimitare i limiti e l'intensità del proprio contributo alla performance: l'invito a servirsi di un paio di forbici in rapporto alla pura presenza dell'artista che si offre.
La nuova danza:
JUDSON DANCE THEATER
OUVERTURE (SPLIT SCREEN & BY CHANCE DANCE & FILM) (ricostruzione) di Elaine Summers
Originariamente eseguito nel 1962 in 15 minuti) 16mm film & l dancer, realizzato per il Judson Dance Theater's First Concert
Elaine Summers, Judson Fragments (1964), 16mm film, b/n, sonoro camera: Stan Vanderbeek, Ka Kwong Hui & Elaine Summers musica: Malcolm Goldstein, John Herbert McDowell
Elaine Summers, Tumble Dance (1965), b/n (Eseguito per la prima volta a Washington Square Art Gallery nel 1965, con Carrol Summers, Eddie Bahrton and Elaine Summers)
Ballerini: Phoebe Neville, Eddy Bhartonn e Larry Seigel
Ford Foundation Garden (1971),8.34 min, colore Coreografo: Elaine Summers
Ballerini: Nanette Siebert, Alexandra Ogsbury, Rosemary Butcher, David Myles, Marilyn Wood, Elaine Summers, e un misterioso giardiniere con una pomba da giardino. Musica: Jon Gibson, John DiII
Billy Kluver - E.A.T.: Experiments in Art & Technology,
The 10 performances (New York, 13-23 ottobre 1966):
John Cage, Lucinda Childs, Oyvind Fahlstrom, Alex Hay, Deborah Hay, Steve Paxton, Yvonne Rainer, Robert Rauschenberg, David Tudor, Robert Whitman
Nel 1965, con l'aiuto di Robert Rauschenberg, l'ingegnere Billy Kluver (1927 -2004) riesce a coinvolgere l'interesse di una trentina di ingegneri ai Beli Laboratories (Murray Hills, N.J., U.s.A.), chiedendo loro di partecipare a un progetto interdisciplinare che mettesse assieme teatro d'avanguardia, danza e nuove tecnologie. Per un simile progetto, vennero invitate personalità come John Cage, Lucinda Childs, Oyvind Fahlstrom, Alex Hay, Deborah Hay, Steve Paxton, Yvonne Rainer, Robert Rauschenberg, David Tudor e Robert Whitman e ognuno di essi decise di realizzare una nuova performance originale. Gli artisti poterono lavorare con gli ingegneri e realizzare inedite modalità collaborative cosi da sviluppare componenti e tecnologie da usarsi in scena insieme ai danzatori, attori o musicisti coinvolti. Il progetto avrebbe dovuto esser presentato ad un festival di Arte e Tecnologia a Stoccolma nel 1966, ma fu cancellato, e così Kluver decise di portare il vasto progetto al 69th Regiment Armory (a New York), dove si trasformò in 9 Evenings: Theatre and Engineering dal13 al 23 ottobre 1966.
Jud Yalkut -Yayoi Kusama, Kusamas Self-Obliteration (1967),23 min, colore, sonoro Fi!m onirico e sperimentale, si presenta come un inno all'annullamento della propria individualità attraverso una serie di sequenze che sottolineano un'atmosfera trasognata, data anche da effetti di slow-motion, o improvvisi accelerando, da movimenti di macchina imprevisti, e da un uso di zoom-i n-avanti ed indietro. Anche la stessa luce, spesso tenuta a livelli molto bassi, contribuisce a dare un'atmosfera quasi indistinta dove persone, oggetti, ambienti tendono a confondersi, grazie anche e soprattutto all'ossessivo utilizzo dei celebri pallini colorati che sono diventati il simbolo stesso dell'artista. Dipingendo persone, animali, ambienti e qualunque cosa attorno, Kusama mostra un viaggio nell'abbandono dell'identità, verso una fusione con l'universo -in una progressiva "auto-cancellazione" dalle forti risonanze psichedeliche.
6/64 MAMA UND PAPA (1964), 3:57 min
7/64 LEDA MIT DEM SCHWAN (1964),2:56 min
8/64 ANA (1964), 2:40 min
9/64 O TANNENBAUM (1964), 2:56 min
l OB/65 SILBER AKTION BRUS (1965), 2:34 min
10C/65 BRUS WUNSCHT EUCH SEINE WEIHNACHTEN (1965),2:56 min
12/66 COSINUS ALPHA (1966), 9:16 min
Nel lavoro filmico di Kren l'approccio è diretto ad utilizzare le tecniche di montaggio nella direzione di volere creare nuovi significati attraverso la frantumazione e moltiplicazione della continuità temporale, alterando i normali processi percettivi verso una forte sottolineatura di forme, ritmi e sequenze ritmiche, che rimettono completamente in discussione le abituali nozioni di sintassi e narrazione filmica. Ecco così che ogni suo film, per quanto apparentemente breve, è il risultato di un enorme lavoro costruito con cura estrema secondo motivi visivi e ritmici, arrivando ad emanciparsi dalla pura nozione di sguardo sul mondo. Se la tipica funzione del medium filmico era di riprodurre verosimilmente un evento esterno precedente, con le scelte di carattere strutturale di Kren opta per una sottolineatura dei rapporti delle immagini con altre immagini e con una struttura profonda da ricercarsi.
Dance(-based) cinema & video:
Ed Emshwiller, Thanatopsis (1962),5:12 min, colore, sonoro
Con Becky Armold &Mac Emshwiller Thanatopsis mostra immagini di una persona immobile (Mac Emshwiller) e di un'altra figura, una donna che danza (Becky Arnold). Quale sottofondo la colonna sonora include un battito cardiaco e un rumore ritmico di seghetto. Il titolo deriva dal Greco antico "thanatos" (morte) e "opsis" (sguardo), in modo da arrivare a significare "meditazione sulla morte".
Ed Emshwiller, Film With Three Dancers (1971), 19 min, colore, sonoro
Un trio di danzatori (Carolyn Carlson, Emery Hermans, Bob Beswick) appaiono e ricompaiono in un costante gioco di sovraimpressioni e dissolvenze incrociate dapprima in calzamaglia e body elastici, quindi in blue-jeans, e poi anche nudì, come se attraversassero un rituale di gestì e movimenti.
Ed Emshwiller, Scape Mates (1972) 29 min, colore, sonoro
In uno dei suoi primi esperimenti su video, Emshwiller crea un paesaggio elettronico dove confluiscono sia elementi figurativi che astratti, e dove dei danzatori "colorizzati" tramite chroma-key entrano a far parte di un ambiente in costante mutazione, e animato via computer.
Utilizzando la tecnologia dello "Scan-i-mate," un video-sintetizzatore analogico, Emshwiller mette in scena una complessa coreografia dove fra spazi architettonici e dimensioni illusorie (create col video), teste e mani umane si muovono in una sorta di collage animato. Forme
astratte, corpi di danzatori e ambienti sono tutti parte di una costante trasformazione ottenuta grazie alle più moderne tecniche di image-processing (di quei primissimi anni settanta).
Stan Vanderbeek, Newsreel of Dreams: Part I (1976), 28 min, colore, sonoro
Coreografia: Elaine Summers. Con Elaine Summers Dance Company Il Notiziario dei sogni si articola a partire da una serie di coreografie eseguite dalla compagnia di danza contemporanea di Elaine Summers, ed lavoro presenta, in un flusso quasi astratto di movimenti e di suoni elettronici, sequenze di danza, poesia ed elaborazioni -moltiplicazioni elettroniche delle immagini in movimento -che sembrano articolare una condizione onirica collettiva.
Strobe Ode (Ode allo stroboscopio), (1977) 11 min, colore, sonoro Questo lavoro visionario, in cui anche la musica è stata realizzata dall'artista, mostra esercizi di video feedback (ritorno dell'immagine) applicati a immagini, che vengono modificate e rese astratte da effetti di flash luminosi stroboscopici.
Merce Cunningham & Charles Atlas, Merce by Merce by Paik : Part One: Blue Studio: Five Segments (1975-76), 15:38 min, colore, sonoro Una serie di brevi prezzi coreografati ed eseguite da Cunningham espressamente per il video, mostra il danzatore moltiplicato sullo schermo e accompagnato da un collage sonoro di voci di John Cage e di Jasper Johns, e con lo sfondo di paesaggi in movimento che creano effetti di disorientamento spaziale.
Yvonne Rainer, 5 easy pieces
Hand Movie (1966),6 min, bln, muto, 8mm riversato su video Primo piano di una mano, le cui dita rappresentano una danza sensuale.
Volleyball (Foot Film) (1967), 10 min, bln, muto, 16mm riversato su video Un pallone da pallavolo entra nell'immagine e si arresta. Due gambe in scarpe da ginnastica, viste dalle ginocchia in giù, entrano nell'inquadratura e fermano il pallone (oppure si arrestano). Con un nuovo punto di vista, si ripetono le medesime azioni.
Trio Film (1968),13 min, bln, muto, 16mm riversato su video Performato da Steve Paxton e Becky Arnold. camera Phill Niblock Un uomo e una donna, nudi, interagiscono fra loro utilizzando un grande pallone in un ampio spazio domestico bianco.
Line (1969), 10 min, bln, muto, 16mm riversato su video Camerawork: Phill Niblock
Una donna bionda, in pantaloni e maglietta bianchi, interagisce con un oggetto rotondo mobile sospeso lungo un filo e con la cinepresa.
Bruce Nauman
Dance or Exercise on the Perimeter of a Square (Square Dance), (1967/68) 10 min, bln, sonoro Il suono del metronomo scandisce un esercizio di danza che consiste nel muoversi lungo un quadrato tracciato sul pavimento.
Playing a Note on the Violin While I Walk Around the Studio (1967-68) 10 min, bln, sonoro
Entrando e uscendo dall'inquadratura l'artista cammina all'interno del proprio studio e produce due note suonando il violino.
Babette Mangolte
Calico Mingling (1973), 10 min 16mm, bln
Calico Mingling, una coreografia del 1973 di Lucinda Childs, è qui ripresa in un contesto all'aperto, presso la Robert Moses Plaza alla Fordham University, a New York, e ben descritta attraverso un filmato sapientemente costruito che alterna riprese orizzontali ad altre verticali, offrendo un singolare contrappunto visivo alla sofisticata azione danzata di una delle più importanti coreografe contemporanee.
(Now) or Maintenant -Entre Parentheses, (1976), 10 min, 16mm, colore, muto
(Now) or Maintenant -Entre Parentheses, (1976), 10 min, 16mm, colore, muto (24 frame per secondo) Con Linda Patton e James Barth
-- 02.12.2016 --
Il
primo incontro si è tenuto Venerdì 2 Dicembre alle ore 14 presso il
Castello di Rivoli dove dopo una rapida panoramica del progetto, a
cura di Luisa Perlo e Francesca Comisso, è stata realizzata una
lettura degli scritti dell’artista Ed Atkins “Death Mask I e II”
e poi una visita guidata alla mostra dell’artista inglese, insieme
con Marianna Vecellio, curatrice del Castello di Rivoli - Museo
d’Arte Contemporanea, che ha illustrato le opere proposte
all’ultimo piano del Castello.
Ci siamo poi spostati al terzo piano del castello per la mostra in corso su Ed Atkins.
Eccovi alcune informazioni sull'artista: Ed Atkins (Oxford, UK, 1982) esplora la condizione dell’individuo contemporaneo nell’età digitale. L’artista attraverso una pratica “povera” di do-it-yourself al proprio laptop, unita alle ultime tecniche digitali di produzione e montaggio, crea videoinstallazioni, performance, opere oggettuali e testi poetici e critici. I suoi lavori restituiscono l’angoscia e l’autismo del presente allo scopo di ricostruire una dimensione percepita come possibile e vivibile nelle pieghe del reale, tra corporeità e assenza. La retrospettiva, allestita in cinque sale del Castello, si sviluppa come un allestimento olistico mediante una disposizione innovativa di opere quali Even Pricks (2013), Warm, Warm, Warm Spring Mouths (2013), Ribbons (2014), Hisser (2015) e Happy Birthday (2015). Le opere coniugano, in un indistinto narrativo, immagini, spazio, suono, linguaggio e colore, e trasformano lo spazio in un’esperienza immersiva, ipnotica e iperreale.
Il percorso proseguirà poi presso dei geositi e cave del Piemonte, oltre agli spazi del Castello di Rivoli.
Il filo di collegamento fra le diverse sezioni è il rapporto tra la realtà e la sfera immateriale, legandolo alle più recenti visioni filosofiche e scientifiche espresse dall’Agential Realism (temine coniato dalla filosofa statunitense Karen Barad, che sarà anche presente ad un incontro) e dal New Materialism.
L’iniziativa attraverserà diversi approcci dalla produzione artistica, alla ricerca, passando per discussioni.
Il tutto strutturato in due sezioni, una dal titolo Incontri #1, che è iniziata il 2 dicembre e che durerà fino al 4 febbraio 2017, con il primo appuntamento su Ed Atkins, poi quello di ieri del 16 Dicembre, primo di un ciclo di lezioni dedicate al rapporto tra performatività, visione e documentazione nell’ambito della produzione di immagini in movimento, tenute dal critico e curatore Francesco Bernardelli, un intervento performativo di Roberto Fassone, una conferenza del filosofo Leonardo Caffo dedicata alla natura come oggetto sociale, per concludersi con la performance Cronache da un altro occhio di Luca De Leva.
Seguirà poi fra la primavera e l’autunno del prossimo anno la seconda sezione che prenderà avvio con una serie di simposi itineranti, con approcci teorici, lezioni magistrali e conferenze di esperti e studiosi presso il Castello di Rivoli.
Il primo sarà il 6 Maggio con la performance di Marianne Heier This Is What Creates The Seasons and The Passing of The Year, and That Rules Over All Visible Things realizzata con la compagnia di danza norvegese Kompani Kunstgress nella spettacolare cornice della cava di gneiss Morina di Montoso a Bagnolo Piemonte (Cuneo), situata a 1300 metri di altitudine. Seguirà il 27 Maggio il dialogo tra Giovanni Anselmo e Massimo Bartolini nella Rocca e geosito di Verrua Savoia e, il 17 giugno, l’esplorazione conoscitiva The Quarry Experience di Andrea Caretto e Raffaella Spagna con il geologo Marco Giardino.
Tutta l’iniziativa sarà documentata con video, fotografie digitali e altri contenuti multimediali, nel corso di un laboratorio rivolto a studenti di discipline artistiche e creative, guidato dalla filmmaker Irene Dionisio e della fotografa Francesca Cirilli in qualità di tutor.
download qui http://openhumanitiespress.org/books/download/Dolphijn-van-der-Tuin_2013_New-Materialism.pdf
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Il corso ha lo scopo di presentare un'analisi delle immagini in movimento, attraverso le principali questioni di ordine progettuale, linguistico e comunicativo del cinema e video d'artista. Il mezzo filmico -nella sua prima incarnazione cinematografica, poi nel video, e infine nella fusione complementare dei due mezzi -con gli anni sempre più sembra operare una ridefinizione delle categorie dell'osservazione e della costruzione del reale.
A partire dalle graduali trasformazioni nella natura del dispositivo cinema -l'abbandono quasi completo della pellicola cinematografica, la trasformazione delle abitudini di visione e la crescente disponibilità di materiali rari, ora visionabili e replicabili grazie al digitale -le immagini in movimento si trovano oggi a condividere nuovi spazi e contesti così come forme differenti di temporalità.
Due sono le forze polarizzanti che ne ridefiniscono la percezione: lo spazio-tempo dell'esposizione, con le sue caratteristiche e un potente grado di immersività; l'onnipresenza del computer e dei programmi digitali di montaggio e postproduzione che intervengono in larga parte della progettazione e realizzazione di opere. Terreno ideale scelto dal corso per seguire e analizzare significative esperienze, testimoni della capacità di reinvenzione della macchina rappresentativa (in particolare le tecnologie del visibile), è la traiettoria storica ricostruita attraverso quattro punti di snodo rilevabili nel più vasto panorama della storia del cinema d'artista e delle più recenti produzioni audiovisive in relazione all'idea di documentazione. In ultima analisi si mostrerà come le principali differenze non sembrano risiedere tanto fra l'apparente cesura data dal passaggio dei formati (dal 16 e 35mm al video e poi al digitale), quanto nel mutare dei rapporti instaurati fra temporalità dell'opera e il tempo di fruizione, fra gli spazi della visione (e dell'immaginazione) e i siti dell'esperienza audiovisiva.