Il
percorso artistico di Domenico Olivero è strettamente legato al suo
esistere. Si tratta di una simbiosi fra due grandi interrogativi,
perché vivere e perché fare arte.
L’artista
a causa di un percorso intimi difficile e articolato ha sempre
manifestato dubbi sul senso di entrambe le esperienze. Una capitata
suo malgrado l’altra scelta come unico spazio di libertà completa
nel vivere, senza fini e senza motivi se non il farsi stesso, alla
fine si potrebbero sovrapporre le due esperienze.
Come
forti sono i temi del suo vissuto, adozione, violenze, identità; un
insieme di temi da cui si potrebbe ricavare un drammatico scenario,
ma che l’artista ha plasmato in modo propositivo, creando un
recupero visivo del suo fragile vissuto. Sicuramente una cifra
dolorosa che non si compiange e guarda al futuro, che inesorabile, o
forse per fortuna, arriverà comunque e nonostante.
Forte
la cifra lirica, amorevole, delicata. In alcune opere la struttura
poetica è parte stessa del lavoro, in particolare nei “piani
sensibili”, serie di fogli in carta di alluminio, che rivelano, al
tatto, frasi o segni che l’artista ha celato in attesa che qualcuno
ne sveli entrando in contatto.
In
altri l’agire sociale, il contesto culturale le strategie sociali
sono elementi che formano il contesto e il senso dei suoi lavori, il
recupero di comunità e confronto nella formazione identitaria.
Come
nella vita ha avuto sguardi diversi anche nell’agire artistico ha
un atteggiamento trasversale, soprattutto in questi recenti anni,
ponendosi in diversi ruoli del fare processo artistico; divenendo
così (artista) curatore, (artista) organizzatore, (artista) critico.
Il tutto per riportare al centro la funzione dell’artista che a suo
vedere dovrebbe essere l’unico attore dell’arte a cui gli altri
dovrebbero fare riferimento.